Aprile 5, 2024

Nuovo inno piemontese: innocuo o allarmante?

Il Piemonte presenta il suo nuovo inno ufficiale, un modo per celebrare la cultura regionale. Tuttavia, la sua istituzionalizzazione potrebbe essere interpretata come un distacco dall’identità nazionale.

“Ël Drapò a deuv vive”, così è intitolato l’inno del Piemonte, presentato ufficialmente il 3 aprile a Palazzo Lascaris.

«La cultura e le tradizioni piemontesi rappresentano un patrimonio importante, che abbiamo voluto tutelare, riscoprire e promuovere in questa legislatura», dichiara Stefano Allasia, presidente del Consiglio regionale, in una nota stampa

Il brano, musicato dal maestro Fulvio Creux e con un testo tratto da due poesie di Camillo Brero, non ha comportato alcun costo per la Regione e verrà distribuito gratuitamente a tutte le associazioni bandistiche e musicali del Piemonte. 

Sebbene sia importante valorizzare le tradizioni e le usanze del territorio, la decisione del Consiglio regionale di includere l’inno in cerimonie, commemorazioni, celebrazioni e festività o solennità civili nazionali potrebbe rappresentare un segnale di distacco dall’identità nazionale, potenziando le già esistenti discriminazioni verso altre regioni del paese. 

La differenza tra il folklore e l’istituzionalizzazione

La penisola italiana vanta una storia millenaria che ha fortemente influenzato la cultura e l’andamento del mondo occidentale. Nel corso dei secoli, numerose popolazioni hanno abitato il nostro territorio, creando culture, tradizioni e lingue distinte.

L’Unità d’Italia si fondava sulla valorizzazione delle diversità regionali, con l’obiettivo di creare una cultura e una lingua che potessero unire l’intera popolazione italiana, pur rispettando le peculiarità locali.

Lo stesso Dante Alighieri, nella sua opera De vulgari eloquentia, non scelse il volgare toscano come lingua letteraria per un senso di appartenenza locale, ma perché era la lingua parlata in ogni città e sembrava propria di nessuno. 

Per questi motivi, l’istituzionalizzazione di aspetti folkloristici di una specifica regione va in contrasto con i principi fondamentali dell’unità nazionale italiana e potrebbe alimentare le discriminazioni e le intolleranze già presenti tra il Nord e il Sud del paese. 

Discriminazioni tra Nord e Sud

Con l’avvento dell’industria, milioni di persone provenienti dal Mezzogiorno si sono trasferite verso il Nord in cerca di lavoro salariato.

Questo fenomeno continua ancora oggi e, secondo stime recenti, entro il 2080 oltre 8 milioni di persone si saranno spostate dal Meridione al Nord. Nonostante l’Italia sia unita da una lingua e una cultura comuni, molte persone provenienti dal Sud del paese si sentono discriminate e considerate straniere. 

Nel saggio di Goffredo Fofi L’immigrazione meridionale a Torino, l’autore racconta come il Piemonte fosse una delle mete più ambite dai migranti del Sud, ma una volta giunti sul posto trovassero porte con cartelli che recitavano “non si affitta ai meridionali” e giornali locali che alimentavano il pregiudizio.

La decisione del presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia di istituzionalizzare un inno che enfatizza l’identità regionale potrebbe essere motivo di preoccupazione. Il culto della tradizione e la paura della differenza sono argomenti trattati anche da Umberto Eco nel 1995, temi che rimangono attuali anche nella società di oggi, poiché evidenziano ulteriormente la distinzione tra il “noi” e “l’altro”.

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